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Sincope: fisiopatologia della Sincope e prevenzione., A cura del Prof. Massimo Malpieri

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icon13  view post Posted on 15/10/2013, 12:32
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Ringrazio il prof. Massimo Malpieri per l'autorizzazione alla divulgazione del suo lavoro.

Il testo a seguire è opera intellettuale del prof. Massimo Malpieri.

Al fine di informare TUTTI sulla fisiopatologia della Sincope e sulla sua prevenzione, quello che segue è il lavoro scientifico già presentato a maggio al Congresso della Società Mediterranea di Medicina dello Sport e al Raduno OTOSUB di Ventotene (11 - 12 ottobre 2013) e presto pubblicato a livello internazionale su Diving and Hyperbaric Medicine.

LA PERDITA DI COSCIENZA DELL’APNEISTA

Prof. Massimo Malpieri
Spec.sta in: Anestesia e Rianimazione – Medicina Subacquea ed Iperbarica
Docente Master Universitario in Medicina Subacquea ed Iperbarica - Trapani
Medico Federale FIPSAS, settore agonistico Pesca in Apnea

Negli ultimi anni sempre un maggior numero di persone di entrambi i sessi si è avvicinato all’apnea e sempre più persone hanno iniziato a frequentare corsi d’insegnamento delle varie didattiche; sono, in contemporanea, aumentati gli atleti e le gare delle varie discipline dell’apnea con comparsa di alcuni quadri francamente patologici che certamente possono essere evitati con una maggiore attenzione nella pratica di questa disciplina agonistica.
Certamente una maggiore consapevolezza nella pratica dell’apnea legata ad una più approfondita conoscenza delle modificazioni fisiologiche che il corpo umano subisce in immersione sia ad una didattica razionale ed ad una più adeguata informazione medico-scientifica possono contribuire alla sicurezza di uno sport che sta richiamando sempre più adepti alla sua coorte.
In questo lavoro vengono analizzati i singoli quadri incidentali e vengono dati alcuni consigli sulla loro prevenzione sulla base della nostra ricerca scientifica e dei nostri dati clinici raccolti negli ultimi tredici anni.
Occorre dire in premessa che alcuni ricercatori hanno recentemente (gennaio 2007) proposto una nuova nomenclatura per indicare il quadro clinico della Sincope ipo-anossica sulla base delle Linee guida proposte dalla European Society of Cardiology (ESC) nel 2004, in cui si definisce la Sincope come una transitoria perdita di coscienza conseguente ad una globale ipoperfusione cerebrale.
Tale definizione, calza perfettamente con i reali eventi fisiopatologici che si vengono a concatenare nell’evento sincopale del subacqueo apneista, ha però un puro e semplice significato didattico ma certamente non diagnostico.
Secondo l’ESC la sincope trova il suo momento etiopatogenetico in una riduzione globale del flusso cerebrale:
“the underlying mechanism is a transient global cerebral hypoperfusion”
Come già detto tale affermazione, nel caso della perdita di coscienza del subacqueo apneista, ci sembra estremamente riduttiva e assolutamente inesatta in quanto non tiene conto che in qualche sporadico caso il quadro clinico è caratterizzato da perdita di coscienza con flusso cerebrale globale normale o addirittura aumentato, ma con ipoperfusione distrettuale di alcuni territori cerebrali per chiusura degli shunt artero-venosi.
L’evento sincopale può invece essere definito come una transitoria perdita di coscienza per deficit dell’ossigenazione cerebrale da deficit circolatorio cerebrale globale o locale.
Infatti il termine sincope deriva dal greco "syn koptein" che significa interrompere bruscamente, tagliare, spezzare, quindi brusca interruzione dello stato di coscienza.
Si tratta in effetti di una vera e propria insufficienza cerebrale momentanea per il venire meno dei meccanismi di autoregolazione cerebrale, che può, ai gradi estremi, compromettere la normale omeostasi corporea per l’instaurarsi di un circolo vizioso in cui l’alterazione dello stato di coscienza comporta la compromissione dei parametri vitali.

FISIOPATOLOGIA
Il mantenimento del normale stato di coscienza è dovuto all’interazione e all’interconnessione di più strutture cerebrali; in particolare le strutture coinvolte nel mantenimento dello stato di coscienza sono:
• Corteccia Cerebrale
• Diencefalo
• Mesencefalo
• 2/3 Rostrali Del Ponte
• Sostanza Reticolare (RAS)
Tra queste strutture quella che ha maggiore importanza per il mantenimento dello stato di veglia è il RAS, un'estesa rete di nuclei e fibre di interconnessione che occupa la sostanza grigia centrale del ponte, del mesencefalo, del diencefalo posteriore fino al talamo e svolge la funzione di vigilanza cioè del mantenimento, spontaneo o dopo stimoli, degli occhi aperti, descritto nel 1949 da Moruzzi e Magoun (Brain stem reticular formation andactivation of the EEG) . L'attività reticolare spontanea s'è dimostrata sensibile ai medesimi fattori umorali che condizionano quella dei neuroni dei centri respiratori, vasomotori e cardioregolatori bulbari. Già nel 1958 Dell dimostrò che gli effetti delle variazioni della pO2 e della pCO2 arteriose sono simili su tutte queste popolazioni neuroniche, in particolare i neuroni reticolari si sono rivelati appena meno sensibili dei neuroni respiratori alle variazioni della pCO2, appare quindi abbastanza chiaro che nel momento in cui i centri respiratori vengono “eccitati” dai cambiamenti delle concentrazioni chimiche dei gas nel sangue (ipercapnia) tali informazioni neurochimiche si trasmettono anche al RAS.
Per meglio comprendere l’intimo meccanismo fisiopatologico che porta alla perdita di coscienza dell’apneista esaminiamo quelle che sono le fasi di una apnea subacquea. Nella terminologia subacquea quando si parla di apnea si vuole indicare una interruzione volontaria della respirazione, la cui durata è strettamente dipendente dalle percentuali di Ossigeno (O2) e di Anidride Carbonica (CO2) nel sangue, nel senso che la stimolazione chimica dei centri respiratori (conseguente alle variazioni dei livelli ematici dei due gas) porterà all’interruzione dell’apnea (Breack Point).
Certamente vi sono delle variabili individuali che influenzano la durata dell’apnea: capacità polmonare, consumo di O2, produzione di CO2, consumo metabolico generale e adattamento ambientale; è comunque evidente che i tempi di permanenza sono sempre limitati dalla comparsa del breack point dell’apnea.
La durata dell’apnea può essere divisa in due fasi "dal limite di rottura fisiologico," che è raggiunto nel momento in cui la Pressione parziale della CO2 arteriosa (PaCO2) è talmente elevata da innescare dei movimenti respiratori involontari (contrazioni diaframmatiche):
- 1a fase – fase della normalità o del benessere (Easy-going phase” EP): viene interrotta dal break-point cosiddetto “fisiologico” che consegue a fattori fisiologici e che si raggiunge principalmente quando l’aumento della pressione parziale della CO2 nel sangue arterioso (PaCO2);
- 2a Fase - fase della sofferenza (“Struggle phase” SP): in cui s’innescano tutti quei meccanismi (stimolo alla deglutizione forzata, contrazioni diaframmatiche e rallentamento della frequenza cardiaca) che porteranno al break-point “convenzionale” dell’apnea. Si tratta di una fase strettamente condizionata dalle variabili individuali precedentemente elencate e suscettibile di provocare la perdita di coscienza dell’apneista.
L’immersione in apnea è condizionata dagli effetti che le variazioni della pressione ambientale hanno sugli scambi gassosi alveolari; generalmente l’apneista interrompe l’immersione alla comparsa delle prime contrazioni diaframmatiche che instaurano una sorta di dispnea “convulsiva” (da stimolazione dei recettori chimici cerebrali della respirazione) in seguito al notevole aumento della PaCO2 nel sangue.
Bisogna però tenere conto che se il sub ha praticato l’iperventilazione occorrerà un tempo maggiore affinché i valori della CO2 raggiungano livelli tali da stimolare i centri della respirazione, con ritardo nel tempo della comparsa del Breack point fisiologico dell’apnea; contemporaneamente l’attività muscolare e i processi energetici continueranno a produrre CO portando l’organismo in una situazione di ipercapnia che si protrarrà fino al ritorno del sub in superficie.
Se il sub cerca di controllare i primi segnali di dispnea si entra nella Struggle phase dell’apnea, in cui s’instaura un vero e proprio stato di sofferenza organica in cui l’aumento della ppCO2 (H+) inizia stimolare i centri respiratori per l’instaurarsi di acidosi respiratoria; quadro clinico caratterizzato da una diminuzione del pH arterioso, innalzamento della PCO2 da deficit o interruzione dell’attività respiratoria e di solito da un aumento compensatorio della concentrazione plasmatica di ioni Bicarbonato (HCO3-). Ai fini dell’immersione in apnea è questo un concetto di importanza fondamentale, in quanto il meccanismo compensatorio di aumento degli ioni bicarbonato viene a mancare e tutte le situazioni di sofferenza neurologica che colpiscono l’apneista riconoscono come agente etiologico uno stato di acidosi respiratoria.
Infatti la sospensione del respiro condiziona il contenuto ematico di CO2 perché non vi è la possibilità di controbilanciare l’aumento della PCO2 con l’aumento della ventilazione cosa che conduce a una ritenzione polmonare di CO2 e causa acidosi respiratoria.
Come è noto gli H+ non superano la barriera ematoencefalica, al contrario la CO2 invece diffonde bene attraverso la barriera e associandosi con H2O promuove la liberazione di ioni carbonato e aumenta H+ e diminuisce il pH nel liquido cerebrospinale in seguito alla reazione:
H2O + CO2 HCO3- + H+
I neuroni dell’area chemocettrice del bulbo sensibili all’H+ generano treni di potenziali che arrivano al Centro Generatore del Ritmo con la finalità di stimolare la ripresa della respirazione, cosa che non avviene per il controllo volontario del subacqueo. A questo punto si innescano una sequenza di eventi che possono essere così riassunti:

A- EASY GOING PHASE
1. Eccitazione dei centri respiratori su base ipercapnica;
2. Propagazione dell’onda eccitatoria nell’ambito del RAS;
3. Eccitazione del nervo glossofaringeo (stimolo alla deglutizione forzata – precede le contrazioni diaframmatiche)
4. Propagazione dell’onda eccitatoria al nucleo del nervo vago (bradicardia spinta);
5. Eccitazione del nervo frenico (contrazioni diaframmatiche)
B – STRUGGLE PHASE
1. Aumento della PCO2 con aumento delle contrazioni diaframmatiche;
2. Deficit acuto cardiorespiratorio (da apnea protratta)
3. Risalita con deficit circolatorio compromesso da:
a. Stato emodinamico polmonare (Blood Shift)
b. Inibizione della frequenza cardiaca per stimolazione del nervo vago nel tronco encefalico.
In alcuni casi la caduta della frequenza cardiaca è tale da dare adito a tre possibili eventi sincopali:
1. Sincope aritmica (bradicardia – tachicardia);
2. Sincope da bassa gittata cardiaca;
3. Sincope riflessa di Bezold-Jarish.
Nel caso 1 possono entrare in gioco diverse variabili come la Sindrome aritmogena del ventricolo destro, la Sindrome di Brugada o innesco di tachicardia/fibrillazione ventricolare. La sincope da bassa gittata, riportabile anche questa ad una bradicardia spinta, è caratterizzata dal venire meno della efficienza della pompa cardiaca con deficit della forza di eiezione. La sincope riflessa di Bezold-Jarish è una sincope neuro mediata da riflesso vagale.
Vi sono altri fattori che influenzano e concorrono alla comparsa della sincope dell’apneista come gli stimoli che agiscono direttamente sui barocettori arteriosi, localizzati a livello dell’arco dell’aorta e della biforcazione delle carotidi, che costituiscono uno dei principali sistemi di controllo dell’attività cardiaca. Questo sistema è particolarmente sensibile alle variazioni della pressione arteriosa nel senso che se aumenta la pressione nell’aorta e nelle carotidi, i barocettori inviano segnali ai centri cardiovascolari cerebrali, mediante fibre efferenti, con conseguente riduzione dell’attività simpatica ed aumento di quella parasimpatica riducendo la frequenza cardiaca, la forza di contrazione ventricolare e aumentando la vasodilatazione periferica; è evidente come questi eventi sommandosi agli stimoli neuro eccitatori del tronco cerebrale possano portare ad una caduta della gettata cardiaca con ipoafflusso cerebrale e perdita di coscienza del subacqueo apneista.
BAROCETTORI ARTERIOSI
ARCO AORTICO E SENO CAROTIDEO
• Sensibili a variazioni di stiramento
• Inviano continui impulsi inibitori ai centri vasomotori del bulbo
• La frequenza di scarica aumenta con l’incremento della PA:
• Vasodilatazione
• Bradicardia (incremento relativo del tono vagale)
RECETTORI ATRIALI
o Sensibili a variazioni di volume centrale
o La loro distensione aumenta la frequenza cardiaca
RECETTORI VENTRICOLARI
o Sensibili a variazioni di stiramento
Meccanici ( chimici )
Fibre C amieliniche nucleo dorsale del vago
Stimolazione vasodilatazione e bradicardia
RECETTORI CARDIOPOLMONARI
Sensibili a variazioni di volume
Al fine di verificare la fondatezza di tali concetti fisiopatologici abbiamo studiato nel periodo 2001 – 2013 circa 150 apneisti sia agonisti di alto livello che semplici ricreativi monitorando le variazioni della saturazione arteriosa di O2 che della frequenza cardiaca sia in corso di apnea subacquea che di apnea a secco. Nello specifico ogni subacqueo è stato dotato di un cardiofrequenzimetro in grado di resistere sino a pressioni di 4 ATA ed interfacciabile con pc; è stata inoltre verificata la saturazione arteriosa di O2 mediante saturimetro digitale durante apnea statica; è stata verificata inoltre la saturazione arteriosa di O2 e le variazioni della frequenza cardiaca durante apnea dinamica a secco in altitudine (2.200 m. slm) e a livello del mare. Tutti i casi studiati hanno portato a risultati oltremodo interessanti che confermano quanto in precedenza illustrato; infatti abbiamo rilevato come alla comparsa della prima contrazione diaframmatica si verifica un notevole abbassamento della frequenza cardiaca (25 – 28 b/m) e della saturazione arteriosa di O2 (sino al 60%), tali modificazioni sono transitorie e rapidamente reversibili con risposta cardiovascolare tachicardica (120 – 140 b/m) della durata di circa 5’.


PREVENZIONE

Vi sono delle manovre effettuate dagli apneisti che favoriscono il manifestarsi dell’evento sincopale:

• Respirazione Glosso - Faringea o metodica respiratoria della “carpa” è una tecnica che viene definita in inglese frog-breathing, da frog, rana, e breathing, respirazione, in quanto è un modo di respirare che ricorda quello delle rane.

• Spremitura diaframmatica sul fondo.

• Inspirare aria dalla maschera.

La carpa:

tale metodica di respirazione risulta potenzialmente dannosa per l’aumento delle tensioni alveolari nella fase di risalita (è importante ricordare che nella risalita l’enorme quantità di sangue presente nei vasi polmonari impedisce il passaggio di gas nel sangue oltre che la riespansione degli alveoli).
Lo stiramento delle strutture alveolo - polmonari (da eccesso di carico d’aria, compressa in discesa e riespansa in risalita) può rendersi responsabile di depressione della contrattilità miocardica.

Spremitura diaframmatica sul fondo:

metodica pericolosissima che alcuni atleti utilizzano con la falsa convinzione di immettere “aria fresca” nel circolo sanguigno.
In realtà oltre a non ottenere assolutamente l’effetto sperato per la mancanza d’aria negli alveoli (compressi per effetto pressorio) c’è il rischio reale di lesioni dei vasi alveolari e polmonari da trazione meccanica violenta sino alla rottura del diaframma con stiramento in basso della punta del cuore ed incremento della bradicardia e possibile comparsa di aritmie.

Inspirare aria dalla maschera:

manovra pericolosissima che alcuni apneisti utilizzano con la falsa convinzione di immettere “aria fresca” nel circolo sanguigno inspirando dalla maschera durante la risalita.
In realtà oltre a non ottenere assolutamente l’effetto sperato, per la elevata pressione parziale della CO2 negli alveoli e nel sangue che blocca qualsiasi scambio gassoso, si ha una enorme sollecitazione dei Recettori Polmonari di Stiramento, presenti nella muscolatura liscia delle vie aeree e una irritazione del nervo frenico a cui possono seguire delle pseudocontrazioni diaframmatiche (tipo singhiozzo) che portano inevitabilmente ad una serrata chiusura della glottide ed aumento della pressione intratoracica. Altro rischio è legato all’enorme cono di pressione che si genera con questa manovra in grado di ostacolare la frazione di eiezione ventricolare con rischio di morte improvvisa.

CONCLUSIONI
L’analisi dei dati esposti è attualmente ancora in corso di studio così come la ricerca ; ma come abbiamo visto sono emersi degli aspetti decisamente importanti e fino ad oggi assolutamente sconosciuti della fisiopatologia subacquea, che oltre a chiarire in maniera definitiva che la perdita di coscienza del subacqueo apneista è una sincope vera da deficit della pompa cardiaca e non da caduta della pressione parziale dell’ossigeno nel sangue, saranno certamente fondamentali non solo per la comprensione dei meccanismi di adattamento del corpo umano all’apnea subacquea ma per alcune patologie neurologiche e cardiovascolari che aspettano delle risposte dalla medicina ufficiale.
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view post Posted on 15/10/2013, 12:39
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Spigolaro

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Grazie dell'utilissimo aggiornamento, io a volte mi ritrovo ad inspirare aria dalla maschera in risalita, d'ora in poi presterò mooolta attenzione!

Z
 
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view post Posted on 16/10/2013, 17:29
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Spigolaro

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assolutamente interessante , ma bello lungo da leggere e comprendere (anche se in parte).

10 minuti spesi bene, grazie

eros
 
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view post Posted on 16/10/2013, 17:49
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Little Denticiaro

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Un testo fondamentale. Stampare e studiare! :hmm.gif:
 
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view post Posted on 16/10/2013, 20:07
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...vorrei imparare dal vento a respirare e dalla pioggia cadere...............

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bello bello bravi e grazie.....
 
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salvo4u
view post Posted on 16/10/2013, 20:08




Anche io sono uno di quelli che certe volte ispiro aria dalla maschera, non perchè seguo la MGR ma perchè mi viene naturale.
Sarebbe interessante sapere in quanti lo fanno. Comunque da ora in poi cercherò di evitare.
 
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pakkio
view post Posted on 12/11/2013, 14:03




Mi permetto di pubblicare una sintesi espressa dal dott. Monaco Fabrizio (Doc ) a cui avevo chiesto un sunto facilmente comprensibile da usare nei miei corsi di P.I.A.
Sperando di fare cosa gradita :)

Mitt. Dott. Fabrizio Monaco

Caro Mauro,

ho letto con attenzione l’articolo del prof. Malpieri e vorrei fare alcune considerazioni di carattere pratico,anche perche’ spiegare in parole povere la parte inerente la fisiopatologia della respirazione sarebbe difficoltoso ed in fondo non particolarmente utile poiche’ privo di una ricaduta pratica.

La sincope si verifica quando a livello cerebrale si instaura un ipoafflusso ematico,ovvero una riduzione del flusso sanguigno. Tale riduzione puo’ interessare tutto l’encefalo o parte di esso e’ puo’ essere fatta risalire a d un deficit dell’attivita’ cardiaca indotta principalmente da un’alterazione del ritmo cardiaco che,come dimostrato dall’equipe del prof. Malpieri in un’ampia popolazione di apneisti seguiti per diversi anni,e’ rappresentata da una bradicardia marcata.

Tale bradicardia,che viene fatta risalire allo stato di acidosi respiratoria indotta dall’aumento della PaCO2 nel sangue che in condizioni in apnea,e quindi in assenza di respirazione,non puo’ essere compensata dall’incremento di ioni bicarbonato e’ responsabile di una stimolazione del nervo vago a livello del tronco dell’encefalo con conseguente riduzione anche molto marcata della frequenza, e di conseguenza,della gittata cardiaca. A questo si aggiunge la stimolazione di recettori presenti a diversi livelli che inducono oltre a bradicardia anche una dilatazione vascolare periferica con conseguente calo della pressione arteriosa ed una riduzione della forza di contrattilita’ miocardica.

In parole povere il cuore pompa meno sangue perche’ si contrae con meno forza,con una frequenza molto ridotta e parte di questo sangue ristagna in periferia,ovvero dove non serve,,dove i vasi sanguigni sono dilatati piu’ del necessario.

Tutte queste risposte emodinamiche concorrono a provocare l’ipoaffusso cerebrale nell’apneista.

Ovviamente va evitata l’iperventilazione che ritardando le contrazioni diaframmatiche ci farebbe protrarre altre il lecito la permanenza sul fondo con le conseguenze che si possono facilmente evincere.

Sulla “carpa” e sulla contrazione del diaframma sul fondo non mi dilungo poiche’ credo che nessuna persona sana di mente metterebbe in atto tali pratiche,soprattutto in ambito pesca sub.

Credo che in termini pratici ed IMHO il “take home message” o “il messaggio da portare a casa” sia che

recuperare aria dalla maschera e’ non solo inutile ma pericoloso poiche’ oltre a stimolare alcuni recettori polmonari che potrebbero indurre un’aumento della pressione intratoracica,potrebbe ostacolare l’eiezione del sangue dal ventricolo sx con conseguenze drammatiche.

Mi verrebbe da dire…..io l’avevo detto…………. Ma non lo dico!

Saluti a tutti Fabrizio
 
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fabiosub77
view post Posted on 12/11/2013, 14:38




letto... davvero interessante... cose da diffondere capillarmente anche al di fuori di noi appassionati... credo che queste cose debbano essere lette da
chiunque ha amici o parenti che praticano la "nostra" disciplina...
Ottimo dott. Malpieri!!!
:diving.gif:
 
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view post Posted on 16/9/2014, 00:09

Cefalaro

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Utile ma complesso! Spesso mi capita di deglutire al fondo, ma quanto tempo passa dal deglutire alle contrazioni diaframmatiche minimo?
 
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Massimo Malpieri
view post Posted on 23/9/2014, 13:31




CITAZIONE (robertorusso @ 16/9/2014, 01:09) 
Utile ma complesso! Spesso mi capita di deglutire al fondo, ma quanto tempo passa dal deglutire alle contrazioni diaframmatiche minimo?

pochi secondi
 
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donsaro
view post Posted on 23/9/2014, 14:34




Molto molto utile. Aiuta a capire noi stessi e i segnali che il nostro corpo può darci. Inoltre anche il sottoscritto è stato uno di quelli che, seppur pochissime volte, ha inspirato aria dalla maschera durante la fase di risalita visto che i gas si espandono e si fanno tante bollicine, ma poi ho pensato..."l'aria che metto nella maschera per compensarla in fase di discesa non è altro che anidride carbonica, quindi a che mi serve respirare anidride carbonica?" e quindi non l'ho più fatto!

Grazie tante al Dott. Malpieri e a tutti coloro i quali hanno collaborato in queste ricerche.
 
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view post Posted on 23/9/2014, 15:21

Spigolaro

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Intanto complimenti al Prof. Malpieri per tutto lo studio,tempo e pazienza che applica nella ricerca e divulgazione degli studi sull'apnea,poi volevo chiedere se le contrazioni diaframmatiche cambiano da individuo a individuo,nel senso che magari c'e' chi gia' dopo 30 sec di apnea comincia ad avvertire piccoli sussulti a livello diaframmatico e chi invece ha delle vere e proprie contrazioni violente.

grazie
 
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Massimo Malpieri
view post Posted on 26/9/2014, 22:40




certamente c'è una risposta individuale che varia da persona a persona
 
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view post Posted on 20/10/2014, 07:40
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Little Denticiaro

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Intanto i miei complimenti e ringraziamenti per il lavoro svolto e ancor più per la Sua disponibilita' a divulgare il tutto. Tali nozioni sono basilari per chi pratica la nostra disciplina.
Anch'io sono uno dei tanti che recupera l'aria dalla maschera, ovviamente adesso dovrò apportare alcune variazioni...
Vorrei farLe una domanda, se pertinente, mi perdoni se è già stata formulata precedentemente:
alcuni sostengono che lo snorkel, durante tutta l'immersione, va tenuto in bocca, ovviamente il contrario di ciò che viene insegnato in altre didattiche. Tale azione è motivata dalla spiegazione che, a fine emersione, a circa una ventina di centimetri dal pelo dell' acqua, una leggera e minima insufflazione di poca aria, vuota completamente il nostro tubo in plastica. Tutto questo senza forzare e senza erogare più di un 5% circa dell' "aria" che abbiamo. In ultimo, sempre secondo i sostenitori del boccaglio in bocca, in caso di svenimento, se i piombi son posizionati in maniera corretta e se permettono il galleggiamento con il dorso rivolto verso l'alto, c'è una possibilità di salvezza, in quanto così, si avrebbe lo snorkel fuori dal liquido e "solo una quantità limitata di acqua" da "respirare" , prima dell' aria ambientale.
Qual'è il Suo giudizio in tal proposito?
Nella speranza di esser stato più o meno chiaro, ringrazio anticipatamente per la preziosa risposta.
Saluti Claudio.

Edited by Chiricahua - 20/10/2014, 09:11
 
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view post Posted on 31/10/2014, 09:25

Neofita

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dove ad esempio pesco io il gorgogliare dello snorkel fa sparire i pesci anche 15 metri sotto di se..
Volevo chiedere se a qualcuno del forum e' capitato di avere una sincope o comunque arrivarci molto vicino. In particolare mi piacerebbe capire se l'apneista che sta per andare in sincope si rende conto che sta per svenire o se lo svenimento accade improvvisamente senza nessun preavviso

( ovviamente intendo sintomi di svenimento e non contrazioni, deglutizione, ecc)
 
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40 replies since 15/10/2013, 12:32   4037 views
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